La buona scuola alla festa del PD (Giavera del Montello)

Le Elementari alle De Amicis

Le Elementari alle De Amicis

Ovvero, come i politici la raccontano e come il popolo si accontenta.

Premessa 1: il merito vero della cosiddetta “Buona scuola” (che giustifica anche il voto di fiducia per evitare l’insabbiamento) consiste nell’avere lasciato alle spalle l’antiberlusconismo di coloro che ancora pensano di migliorare la scuola con l’abrogazione della legge Gelmini.

Dal 2015, finalmente, il problema è di “andare oltre la Gelmini”, non di “tornare a prima della Gelmini”: grazie, quindi, alla L. 107/2015.

Del resto, bisogna avere il coraggio di ammettere che la Gelmini è intervenuta (sia pure maldestramente) su due questioni che dovevano essere assolutamente “toccate”: la confusione dei corsi sperimentali (ormai centinaia, senza alcuna verifica) e l’insostenibilità di alcuni curricoli (per numero ore settimanali di lezione e di discipline, specie negli indirizzi con maggiore dispersione e con una utenza più debole).

Premessa 2: se dovesse esserci un referendum sulla legge 107/2015 (“La buona scuola”), “oggi come oggi” sarei per il mantenimento della legge. E tuttavia, questa legge è carica di criticità che il governo deve avere il coraggio di evidenziare e correggere.

Detto questo, dal dibattito svoltosi alla festa del Pd di Giavera, basato sulla relazione dell’On. Malpezzi, è emerso questo:

  1. la legge 107 non è intervenuta sulle questioni prioritarie (vedi “Conclusioni e priorità”), perché nessuno – evidentemente – ha saputo o voluto riconoscerle; e quindi la legge è priva di quella che si chiama “vision” (un misto di pragmatismo e idealità proiettati nel futuro);
  2. la parte più importante della legge riguarda la messa in ruolo di decine di migliaia di docenti cosiddetti “precari”, indipendentemente dalle qualità-competenze, dalla disciplina insegnata e dalla collocazione geografica (vale a dire: potremmo avere insegnanti che non servono e potrebbero restare scoperti insegnamenti necessari); è stupefacente che i sindacati – con tutte le responsabilità che portano sul tema – non accolgano a braccia aperte questo sforzo del governo;
  3. la slide di apertura del dibattito evidenziava alcune problematiche, alle quali dovrebbe rispondere la legge 107, tra cui la dispersione scolastica e l’età avanzata dei docenti; bene: la legge 107 non affronta tali questioni, in parte perché esse sono regolate da altre leggi (pensioni, ad esempio, per quanto riguarda l’età), in parte perché è mirata all’obiettivo sbagliato (affrontare la “dispersione” dei docenti e non quella degli studenti).
  4. La relatrice, On. Malpezzi, ha sostanzialmente badato a minimizzare i rischi e a esaltare i risultati attesi, in entrambi i casi raccontando mezze verità: organico di potenziamento, autonomia scolastica, funzione del Dirigente scolastico, autonomia dei docenti, valutazione degli insegnanti e dei Dirigenti scolastici.
  5. Organico di potenziamento: secondo l’On. Malpezzi, con l’organico di potenziamento (sembra possa essere costituito da 7-8 docenti per ogni scuola) si potrebbero affrontare le seguenti problematiche: esonero dall’insegnamento dei vicepresidi, eliminazione delle classi-pollaio, supplenze brevi, progettazione, insegnamenti e attività opzionali, tutoraggio dei nuovi docenti. E’ evidente che non potrà essere così, sia perché l’organizzazione della scuola non lo consente, sia perché è assai improbabile che ogni scuola possa avere gli insegnanti che richiede (visto che la sanatoria non si è curata della materie insegnate, ma ha operato sostanzialmente per svuotare le graduatorie). Oltre tutto, gli insegnanti vogliono insegnare, non vagare per la scuola aspettando che ci sia qualcosa da fare. Questa operazione, del resto, è già stata fatta nel 1982 (anno di un’altra sanatoria epocale), quando venne creata la Dotazione Organica Aggiuntiva: un fallimento, perché anche quegli insegnanti volevano avere una classe per insegnare, non fare i tappabuchi.
  6. Carriera. Ciò vuol dire che non è necessario avere qualche insegnante addetto alla progettazione o al tutoraggio? Certo che è necessario, ma proprio per questo bisogna intervenire sulla “carriera dei docenti” (in ambito didattico e gestionale), non su ruoli e funzioni casuali ed estemporanei: ed è proprio quello che la legge non fa (nessuna carriera professionale e stipendiale per i docenti, solo qualche premio ogni tanto).
  7. Autonomia scolastica: l’autonomia scolastica è legge (e ha valore costituzionale) da oltre 15 anni, eppure è largamente inapplicata, ma nessuno si è chiesto perché; senza avere affrontato le cause di questo immobilismo, non si può rilanciare l’autonomia. Ed è evidente che l’autonomia non si può fare “precarizzando stabilmente” la professione docente (dopo spiego cosa significa). L’autonomia dovrebbe prevedere un ruolo forte del DS e degli organi collegiali e uno stretto rapporto di interazione con il territorio. Bene: ma gli organi collegiali non si toccano, perché i sindacati non vogliono (ha detto l’On. Malpezzi che lo faranno insieme con sindacati e studenti, i quali per altro sono contrari a ogni intervento dall’esterno, come se la scuola fosse un mondo a sé). Le nuove funzioni del DS: ne parlo al punto 8.
  8. Funzione del DS. E’ uno dei punti forti della legge, ma l’On. Malpezzi ha cercato di sminuirne l’importanza, probabilmente per anticipare le critiche, soprattutto per quanto concerne la scelta dei docenti (negando la “chiamata diretta”). Sia chiaro: il DS potrà scegliere i docenti (dalle liste dell’ambito territoriale; ma i docenti potranno anche proporsi ad un Dirigente scolastico) e stipulare con quei docenti un contratto triennale, che verrà rinnovato ogni tre anni (“precarizzazione stabile”? Non ci sarà più la titolarità in un Istituto preciso).Personalmente sono d’accordo sul fatto che una scuola possa formarsi il corpo docente migliore, più qualificato e motivato; credo anche, però, che non possa essere il DS, da solo, a fare questa scelta. Egli dovrebbe essere aiutato e consigliato da uno staff “libero”, cioè non scelto da lui, e perciò “di carriera”: ecco che ritorna la necessità di una “leadership intermedia”. Invece la legge prevede che il DS possa scegliersi uno staff (al quale non si dà alcuna garanzia), di fatto creando le condizioni per una conflittualità tra DS e docenti e tra i docenti (aumentata dalla “valutazione” premiale, vedi al punto 9).

    In ogni caso, questa scelta non è priva di problemi connessi, che devono essere affrontati: innanzitutto il fatto che gli insegnanti migliori scelgono le scuole migliori, che sono anche quelle con meno problemi: un conto è insegnare in un liceo classico, altra cosa insegnare in un professionale di periferia metropolitana; e quindi, quali sono gli strumenti per portare i buoni insegnanti nelle scuole difficili? Sostanzialmente due: la carriera e la retribuzione, ma su questo non c’è nulla.

    Oggi come oggi, l’unica carriera consentita ad un insegnante è questa: trovare una buona scuola (qualificata, tranquilla e in centro città) e avvicinarsi a casa o alla famiglia (questo penalizza anche la continuità didattica).

  9. Valutazione. L’On. Malpezzi nega che i docenti siano sottoposti a valutazione; in realtà è evidente che la legge ribadisce l’esistenza di un “Comitato per la valutazione dei docenti”, in cui vengono inseriti anche studenti e genitori, e questo Comitato deve stabilire i criteri per l’erogazione dei premi in denaro (proponendo anche, come primo criterio proposto dalla legge, la “qualità dell’insegnamento”). Che cosa non funziona, in questa proposta? Innanzitutto, se non è vero che il Comitato “valuta”, perché lo si è chiamato “Comitato per la valutazione dei docenti”? In secondo luogo, se – per evitare la logica della “valutazione” – il premio in denaro venisse distribuito a pioggia (come già consigliano alcuni sindacati, e come potrebbe accadere) non premierà nessuno; ma se anche si “premiasse” qualcuno, sicuramente non verrebbero premiati in modo significativo tutti i meritevoli; in terzo luogo i migliori insegnanti (che esistono, e non lo sono per un anno solo) non potranno prendere il premio ogni anno, per ovvi motivi. Infine, la logica premiale apre una competizione tra insegnanti, interna alle scuole, mentre c’è bisogno di più collaborazione (ed eventualmente di un po’ di sana competizione tra scuole). Insomma, questo premio in denaro fa più danni che altro.Se davvero vogliamo premiare i docenti migliori, bisogna aprire spazi di carriera (didattica e gestionale, e ritorna la questione della “leadership intermedia”).
  10. La valutazione dei Dirigenti. L’On. Malpezzi ha molto sottolineato l’importanza della valutazione dei Dirigenti, e in effetti l’autonomia scolastica e un ruolo significativo dei Dirigenti richiedono un sistema trasparente di rendicontazione e di valutazione; peccato non abbia chiarito che la nuova legge prevede una inaudita sanatoria per Dirigenti. Oltretutto, la valutazione sarà affidata (per alcuni anni) a ispettori “nominati” e non selezionati. Insomma, avremo una “valutazione asimmetrica” (vedi punto 11).
  11. Valutazione asimmetrica: mentre i docenti saranno valutati in due modi (innanzitutto dal DS che potrà proporre loro un contratto triennale e rinnovare o non rinnovare quel contratto dopo i tre anni; in secondo luogo dalla logica premiale del Comitato di valutazione), il Ds di fatto non sarà valutato o lo sarà in modo puramente formale (e probabilmente assolutorio).

Al dibattito di Giavera hanno partecipato anche studenti e genitori, che hanno proposto questioni di metodo e di merito.

Mi soffermo su pochi aspetti: la lotta alla dispersione, l’alternanza scuola-lavoro e la riforma dei cicli.

Lotta alla dispersione: si propone, come rimedio alla dispersione, l’innalzamento dell’obbligo; ma anche in questo caso si rischia di avere un approccio non scientifico alla questione; per iniziare, dobbiamo chiederci in quali scuole e in quali fasce sociali si concentri la dispersione; solo allora possiamo capire se il prolungamento dell’obbligo crei opportunità o vincoli ulteriori.

Prioritariamente, quindi, bisogna personalizzare i curricoli, adeguandoli alle diverse personalità e agli stili di apprendimento degli studenti, che non necessariamente devono formarsi su curricoli identici, fatto salvo il raggiungimento degli obiettivi in termini di competenze di base e di cittadinanza. Ma se obblighiamo gli studenti ad andare a scuola in una scuola che non amano, con materie che non apprendono e che non sono per loro significative, e poi in quegli anni di scuola li bocciamo ripetutamente, non facciamo alcuna lotta alla dispersione e li allontaniamo sempre di più dal sistema della conoscenza.

Riforma dei cicli: nessuno ha posto la questione del diploma a 18 anni, questione strategica che dovrebbe essere risolta unificando il ciclo dell’obbligo (con materie opzionali negli ultimi due anni e con possibilità dell’apprendistato); in questo ambito va posto anche il problema del “sistema duale”, un sistema che prevede una formazione che si fa a scuola e nel mondo del lavoro.

Ma questo apre anche il tema della istruzione e formazione professionale, che dovrebbe essere la vera risorsa contro la dispersione scolastica e invece diventa una delle cause. Ma il discorso andrebbe approfondito in altra sede (anche tenendo conto dell’art. 117 della Costituzione, e lo dico soprattutto ai sedicenti difensori della Carta).

Alternanza scuola-lavoro: in Italia, purtroppo, si sta perdendo la cultura del lavoro e spesso si ritiene che il lavoro sia sempre e solo sfruttamento; invece va rivalutata la cultura del lavoro come ambiente formativo. Ma che questo è un tema che richiede un approfondimento specifico. Certamente l’alternanza non può sostituire né il sistema duale né un buon apprendistato.

Conclusioni e priorità.

Ho utilizzato i contenuti del dibattito di Giavera per riproporre alcune questioni anche a me stesso (questioni che, per altro, ho avuto modo di esaminare in vari seminari e incontri a tutti i livelli: nazionale, regionale, locale e di istituto).

Tra l’altro, della scuola a Treviso si è parlato pochissimo. E spesso in modo pregiudiziale e approssimativo (come conferma il dibattito di Giavera).

Quali potrebbero essere le priorità da affrontare?

Dispersione: è il problema fondamentale; richiede revisione dei cicli e dei curricoli, personalizzazione e opzionalità, nuovo rapporto con il mondo del lavoro, attività laboratoriale, utilizzo delle Tic; bisogna rivedere rapidamente l’“istruzione e formazione professionale”, avendo chiaro lo il concetto secondo cui la Costituzione delega alle Regioni l’Istruzione e formazione professionale (in verità, la Costituzione lascia allo Stato le Norme generali, i Principi fondamentali e i Livelli essenziali delle prestazioni: il resto non compete più al Centro: ecco lo spazio dell’autonomia e della decentralizzazione).

Autonomia scolastica: autonomia reale (finanziaria, didattica, gestionale e di ricerca) anche nella selezione dei docenti; rendicontazione e valutazione esterna (di Istituto, Dirigente, Docenti e Apprendimenti, anche con prove comparative), necessità della leadership intermedia (didattica e gestionale); rapporto con il territorio, istituzioni locali e mondo del lavoro, che vanno responsabilizzati.

Insegnanti: arrivare rapidamente al nuovo contratto che riveda anche l’orario di lavoro (anche prevedendo situazioni diverse, in base alle diverse responsabilità che un docente vuole assumere); privilegiare la selezione in ingresso (conoscenze, competenze e attitudini) rispetto alla “premialità estemporanea”; creare una carriera per i docenti; aggiornamento qualificato.

Intorno a queste priorità, si possono aggiungere mille altre cose, ma che non rappresentano il cuore dei problemi aperti.

La Buona scuola, il PD e il confronto. E settembre alle porte.

La Buona scuola, il PD e il confronto.
E la scuola vera che, a settembre, riprenderà.

Quando due soggetti aprono un confronto (non un conflitto), è necessario verificare la simmetria dei soggetti medesimi, per non farsi illusioni sulla qualità del confronto.

Nel caso della Buona scuola, i soggetti sono vari:
1. il Governo (male rappresentato dalla Ministra Giannini e dal sottosegretario Faraone),
2. il Pd (confuso e diviso in fazioni pregiudizialmente avverse, pronte al ricatto reciproco),
3. i partiti di opposizione (pregiudizialmente contrari, in gara per spararla più grossa, in modo da farsi notare, visto che idee praticabili e innovative non ne hanno),
4. i Sindacati (molti, con prospettive talvolta inconciliabili),
5. e, ultima, la platea indistinta di docenti e studenti (solo marginalmente i genitori, che magari sono gli stessi che troviamo tra i docenti, i sindacati e i politici).

Questi soggetti, però, hanno competenze e obiettivi diversi:
1. il governo deve decidere ed attuare politiche (tenendo conto, possibilmente, dell’interesse generale),
2. il Pd deve sostenere il governo (senza perdere le fazioni interne e gli elettori),
3. i partiti di opposizione devono salvaguardare il loro ruolo oppositorio (e perciò devono ostacolare il governo e indebolire il PD),
4. i sindacati devono salvaguardare la loro funzione (per questo garantiscono, strumentalmente, solo i precari),
5. gli studenti fanno quello che hanno sempre fatto a 18 anni (giocano alla rivoluzione, spalleggiati da adulti in cerca dell’adolescenza perduta)
6. e i docenti (ma vorrei sapere quanti, in percentuale), si stracciano le vesti nella difesa passatista di una scuola ingiusta e di professione dequalificata e svalutata.

Questi sono i soggetti che dovrebbero confrontarsi.

E’ evidente, però, che confrontarsi non significa ascoltare e piegarsi alla volontà di una parte, ma proporre e ascoltare idee e argomentazioni, dopodiché chi ne ha la competenza – e, in un sistema rappresentativo quale quello italiano, parliamo del Parlamento, del Governo e dei Partiti che hanno chiesto e preso i voti – opera un sintesi che avrà il suo baricentro sulle proposte della maggioranza parlamentare e del governo, ma che raccoglierà anche le idee nate dal confronto.

Certo che se una delle parti (sindacati, opposizioni, studenti organizzati) chiede il ritiro del ddl, non può esservi mediazione, ma solo capitolazione.
E questo volevano le minoranze interne del Pd, i partiti di opposizione e i sindacati: la capitolazione del Governo e di Renzi.

La capitolazione non c’è stata, ed è stato un bene, a mio avviso; ma adesso la storia continua e il Ddl diventerà una legge molto carente criticabile, che avrà necessità di essere profondamente migliorata.
Per questo motivo è bene che Renzi metta fuori gioco sia chi ha svolto con impegno il suo lavoro in un momento difficile (Puglisi), sia chi ha contribuito ad accendere gli animi dimostrando una scarsa conoscenza del sistema scolastico (Faraone).

A settembre, la Vera scuola non può avviarsi nel caos, e molti non aspettano che quello e nel caos sperano di trovare un senso alla loro esistenza (e alla loro Organizzazione).

Vacanze scolastiche.

Il Ministro Poletti e le vacanze scolastiche.

E’ certo che viviamo in un’epoca di grande suscettibilità e di grandi proteste; ma questo non giustifica le proteste basate su pretesti creati ad arte.
Il povero Mivacanze scolastichenistro Poletti non ha mai detto che bisogna togliere le vacanze ai bimbi, né che i docenti hanno troppe vacanze. E, credo, non ha mai lasciato intendere di voler abbandonare i minorenni allo sfruttamento in lavori sottopagati. Ed è quello che si legge in molti commenti.
Ha detto, semplicemente, che tre mesi di vacanza consecutivi (per gli studenti) sono troppi.

E questo è un fatto, che si può affrontare in tanti modi: ad esempio distrubuendo le interruzioni delle attività didattiche in altri periodi dell’anno; io penso che se si anticipasse il diploma a 18 anni, ci sarebbero tre mesi di vacanze in meno (quelle tra l’attuale quarta e quinta), e il problema sarebbe in parte eliminato (con vantaggi di altro tipo).

O si possono immaginare attività opzionali o di servizio civile (anziani, bambini, disabili, ambiente, biblioteche, musei, siti archeologici, parchi ecc.).

Certo, se le scuole avessero strutture adeguate (spazi flessibili e strumenti efficienti), le attività didattiche sarebbero anche meno usuranti e spesso anche meno noiose: ma servono soldi e investimenti non solo in personale.

Quando si parla di vacanze scolastiche, però, si inseriscono altri problemi, che con la scuola non hanno niente a che fare: sono i tempi delle famiglie; quelle sì, vorrebbero far lavorare gli insegnanti – in attività frontale – almeno 12 mesi all’anno…

Ma quello della custodia estiva dei bambini non è e non deve essere un problema dei docenti.

Chiudere con la scuola del passato.

donna-islamicaGli studenti bravi insegnano a quelli meno bravi.

E qualcuno si scandalizza.

Articolo da Tuttoscuola

Lo stato di indigenza delle scuole pubbliche italiane è tale che ogni giorno giungono notizie sempre più allarmanti. Stavolta arriva dalla Liguria, dove il liceo scientifico-tecnologico Majorana-Giorgi di Genova non avendo più soldi in cassa per pagare i docenti, si affida ai ragazzi più brillanti per tenere (gratis) i corsi di recupero pomeridiani: in pratica gli alunni’ più bravi fanno lezione, di pomeriggio e di sabato mattina, a quelli che lo sono meno. Con il benestare del preside e dei prof’“. La notizia, data dal Corriere della Sera ecc. ecc.

Due osservazioni:

1. non è dimostrato che i corsi di recupero tenuti dai docenti siano davvero utili, mentre è certo che in molti casi sono uno spreco di denaro, che potrebbe essere speso in modo più utile;

2. l’attività “tra pari” e l’apprendimento collaborativo sono attività ampiamente valorizzate e ritenute importanti per gli studenti che devono imparare, per quelli che possono insegnare ai loro compagni meno preparati e per la società che vede gli studenti formarsi in un ambiente collaborativo e non competitivo.

E’ vero che bisogna aumentare in modo significativo gli investimenti per la scuola e per la valorizzazione dei docenti, ma è altrettanto vero che i denari devono essere investiti con saggezza, non semplicemente spesi.

E quindi: meno scandali e più razionalità.