Un (altro) manifesto per la scuola? 3

Commento al “Manifesto per la scuola” dei sindacati. 3

3. L’istruzione, dalla prima infanzia all’età adulta, è una condizione decisiva per lo sviluppo del Paese. Per questo occorrono scelte conseguenti di investimento, a tutti i livelli, allineato alla media dei Paesi Ocse. E occorrono politiche mirate, che valorizzino l’autonomia delle istituzioni scolastiche e le diverse professionalità che in esse operano, garantendo a chi lavora nella scuola italiana un trattamento in linea con il resto d’Europa in termini di considerazione sociale e riconoscimento retributivo.

Osservazioni

L’istruzione è decisiva per lo sviluppo: lo dicono tutti, da anni. Il problema non è affermarlo, ma spiegare come ciò può avvenire.

Lo abbiamo già detto: in Italia si spende poco e male; bisogna innanzitutto spendere meglio, e anche di più.

Autonomia scolastica: per essere reale deve affrontare alcuni nodi, a partire dalla gestione (formazione, selezione, aggiornamento, valorizzazione, valutazione e retribuzione) del personale: compresi i Dirigenti scolastici.

Finora, anche grazie ai sindacati, il personale (e parlo innanzitutto dei docenti) è stato penalizzato in nome della quantità di assunzioni (spesso non necessarie), e quindi: egualitarismo basato su basse retribuzioni, scarsa considerazione sociale, scarsi controlli.

Un riconoscimento retributivo massificante non premierà la professionalità; bisogna prevedere una carriera per i docenti: solo così si valorizza la professionalità (anzi, le diverse professionalità).

Del resto, l’ipotesi di nuovo contratto sembra avere alla base un’ispirazione egualitaria: aumenti a piramide rovesciata.

Un (altro) manifesto per la scuola? 2

Commento al “Manifesto per la scuola” dei sindacati. 2

Punto 2

2. La scuola è aperta a tutti, anche alle nuove italiane e ai nuovi italiani e a chiunque approdi nel nostro Paese, ed è al servizio della persona e della società. In quanto tale, essa è funzionale alla rimozione delle disuguaglianze, enormemente accresciute in questi anni anche per la sottrazione di risorse operata a danno del sistema di istruzione.

Osservazioni

La scuola italiana è già “effettivamente” aperta a tutti; è una scuola “teoricamente” molto inclusiva, in particolare se ci riferiamo a stranieri, disabili e persone con bisogni educativi speciali.

Ma… ci sono dei ma:

  1. si è esaurita da decenni la funzione di ascensore sociale della scuola: da ben prima della Gelmini; si può dire che oggi la scuola funge da ascensore soprattutto per gli stranieri che sanno cogliere le occasioni che vengono loro offerte;
  2. la scuola attuale (quella che si vuole a tutti i costi difendere: che poi è la scuola di ieri), per come si è configurata, di fatto cristallizza le differenze sociali e territoriali: quindi è un fattore di conservazione delle ingiustizie;
  3. l’inclusività è teorica, anche perché si scontra contro l’utilizzazione opportunistica delle possibilità offerte (es. certificazioni in aumento esponenziale; certificazioni cercate per semplificare il percorso degli studi);
  4. spesso i docenti di sostegno svolgono questa attività come ripiego per entrare nei ruoli dello stato, con l’obiettivo di cambiare insegnamento al più presto;
  5. spesso, ancora, l’inclusività si trasforma in una inutile e formale procedura burocratica: situazione che caratterizza il processo di impiegatizzazione della professione docente.
  6. Ciò non toglie che vi siano situazioni di straordinaria inclusione per giovani con enormi problematiche, che dovrebbero forse essere affrontate altrove.

Che poi le disuguaglianze siano aumentate per la sottrazione di risorse, è tutto da verificare; mentre è certo che le risorse spesso sono male utilizzate o addirittura sprecate; ricordiamoci che fino a qualche anno fa il sistema scolastico italiano contemplava tra i 6 e i 7 milioni di ore di insegnamento retribuite ma non svolte.

In Italia non solo si spende poco, per la scuola; si spende anche male. Quindi il primo problema è spendere bene, per non sprecare anche le risorse aggiuntive.

Un (altro) manifesto per la scuola? 1

Commento al “Manifesto per la scuola” dei sindacati.

Punto 1

  1. La scuola è un bene comune che appartiene al Paese e non può essere oggetto di riforme non condivise e calate dall’alto: rappresenta invece una risorsa fondamentale di crescita umana e civile per le persone e la società, una priorità su cui far convergere gli interessi dell’intera comunità nazionale.

Osservazioni

Nel punto 1 ritroviamo le prime ripetute ovvietà: scuola-bene comune; risorsa per la crescita individuale e sociale; una priorità per la società. A questi principi consolidati (che non hanno impedito il degrado della scuola, anzi l’hanno accompagnato), non seguono proposte coerenti.

Anzi, l’idea che “la scuola non possa essere oggetto di riforme non condivise” fa capire che per i sindacati non ci possono essere riforme se non da loro sostenute.

Ora, considerato che le riforme fatte finora (Berlinguer, Gelmini, Giannini; con gli intermezzi De Mauro, Moratti, Fioroni, Carrozza e l’attuale Fedeli) non sono state sostenute dai sindacati che le hanno condannate senza salvare nulla – se non dettagli insignificanti -, ne emerge chiaramente l’atteggiamento conservatore del sindacato scuola: pronto ad affermare principi retorici, ma non in grado di elaborare proposte di cambiamento compatibili con la realtà, e quindi contrario ad ogni cambiamento.

Infatti la scuola è degenerata per decenni, attraverso un ampliamento abnorme dei curricoli (ore di lezione, materie, insegnanti) e la dequalificazione sociale e professionale del corpo docente. Le rilevazioni Invalsi e Ocse-Pisa, contemporaneamente, rendono l’idea di una scuola che non forma in modo adeguato. A pagare sono soprattutto i giovani, come sempre.

Al di là dei buoni principi, quindi, abbiamo di fatto una scuola ingiusta, sul piano sociale e territoriale.

In tutto ciò, governi e sindacati sono complementari nelle responsabilità.

Dopodiché è vero che le riforme “calate dall’alto”, senza l’ascolto e il coinvolgimento degli insegnanti sono destinate a fallire: specie quando agli insegnanti si chiede nuovo, diverso e maggiore impegno, senza alcuna contropartita economica; ma ciò non significa che “per rinnovare la scuola” sia indispensabile la mediazione sindacale.

Se i sindacati difendessero i lavoratori, farebbero il loro lavoro. A riformare la scuola deve pensarci il Parlamento, proprio perché la scuola è un “bene comune”, non appartiene alla categoria dei lavoratori del settore e tanto meno appartiene a sindacati e sindacatini che rappresentano frazioni dei lavoratori del settore.

Nella scuola italiana, per altro, si è imposto un atteggiamento ostile a qualsiasi cambiamento, anche da parte di quelle forze politico-sindacali (es. di sinistra) che hanno sempre contestato il sistema scolastico.

Bisogna ricordare che la svolta si è avuta con Berlusconi al governo: dal 1994 in poi la vecchia scuola democristiana è diventata un modello intoccabile.

A mio avviso è necessario ripartire dalla serena valutazione degli interventi fatti finora, per non illudere insegnanti e studenti che sia possibile abrogare le “riforme” Gelminie e Giannini, per riconoscere e salvare il salvabile e andare avanti.

Un (altro) manifesto per la scuola?

Un manifesto sindacale per la scuola

Si tratta di un manifesto-petizione

(di cui si chiede la sottoscrizione)

in 11 punti

(che in seguito commenterò singolarmente).

Io non lo sottoscriverò, perché ritengo che la scuola non abbia bisogno della retorica ripetitiva che l’ha accompagnata nel degrado, ma di idee e di scelte chiare e coerenti.